Un cuore cosi' bianco,
di Javier Marias.

30 maggio 2001

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Ancora Javier Marias, ancora grande, ancora cosi' vicino al domani
alla battaglia. Cosi' grande che anche Macbeth ritorna, e non e' mai
stato cosi' vicino. Questo e' un romanzo, un vero romanzo. Mi
infastidisce un po' non riuscire a non ricordare quello che diceva
Cotroneo su JM, e' grande perche' quando lo leggi senti e sai che la
letteratura e' imprescindibile, che ci sono cose che succedono,
potenti, solo con la scrittura.

Rispetto a domani alla battaglia e' forse un po' meno potente ed
ampio, forse un po' piu' romanzo ed un po' piu' leggibile: comunque
una bellissima esperienza. 

Luisa, Teresa, Juana, Miriam. Ranz. Il perche' di tutto, che e' nelle
parole piu' che nei fatti veri: i fatti, poverini, anche se provano ad
imitare la letteratura non sono abbastanza potenti (e poi sono sempre
gia' successi, e quindi non possono che essere letteratura anche loro,
non e' vero Marias?). Epica la scena della traduzione del funzionario
spagnolo e della tatcheriana signora inglese, con la lingua che
modifica la realta' rendendola, finalmente, un po' piu' interessante. 

Ranz scompare nella nebbia, berta muore un po', e non e' mai nata
troppo: ci dicono, da vecchi saggi, che la mediazione intellettuale
e', come si dice, imprescindibile.

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