L'11 settembre 1914 Balla pubblica il "Manifesto
del Vestito Antineutrale", che enuncia le idee per un abbigliamento
futurista corredandole con figurini e modelli.
Il
testo contiene non solo indicazioni sulla moda ma anche altri fondamenti
che costituiscono parte integrante della cultura futurista. "L'umanità
si vestì sempre di quiete, di paura, di cautela o d'indecisione":
l'attacco è rivolto all'abbigliamento del passato perché
troppo irrigidito e inadeguato a un individuo che vive tempi nuovi. Coloro
che fanno uso di certi vestiti, si legge, formano una "razza"
costituita "da ogni neutralità, dall'indecisione paurosa,
e dall'inerzia nostalgica, romantica e rammollente". I futuristi
vedono nella moda, in quanto semplice e immediata, un ottimo mezzo di propaganda
da rivolgere soprattutto ai giovani. Il "Vestito Antineutrale" viene descritto:
sarà bianco, rosso e verde "da mattino" per Marinetti, degli stessi
colori ma di forma diversa "da sera" per Boccioni, ecc.
Anche l'ideologia politica o l'incitamento alla guerra
vengono enunciati alla fine del manifesto "poichè la neutralità
è la sintesi di tutti passatismi, noi futuristi sbandieriamo oggi
questi vestiti antineutrali, cioè festosamente bellicosi" [...]
"tutta la gioventù italiana riconoscerà in noi le sue
viventi bandiere futuriste per la nostra grande guerra, necessaria, URGENTE."
Questa
volontà innovatrice porta alla creazione di vestiti con tessuti
dalle tinte violente, attraversati da elementi estranei ai materiali di
sartoria, come lampadine o decorazioni ottenute con materiali plastici.
Anche i tagli sono progettati in maniera simmetrica o con angolazioni a
cono: si veda, ad esempio, il maglione con il collo a "V" introdotto nel
1913 e ancora oggi attuale.
Anche l'abito assume in quegli anni un ruolo di movimento
e di dinamica che contribuisce a accelerare la figura umana che deve rivestire.
Nel 1912 Balla comincia a realizzare questi concetti di animazione partendo
da una semplice linea bianca su un tessuto completamente nero. Da qui nascono
ulteriori intrecci di forme e di colori che creano effetti a vortice i
quali, grazie a una serie di incroci ottici, generano l'effetto di mobilità.
Nel 1918 nascono per opera di Thayaht (nome d'arte di Ernesto Michaelles)
i primi schizzi della "tuta futurista". La moda futurista
dopo i primi enunciati del manifesto del 1914 ( a cui seguono fino al 1933
altri tre manifesti: il primo rivolto alla moda femminile, il secondo al
cappello e il terzo alla cravatta italiana) acquista caratteristiche diverse
a seconda dei paesi. A Parigi con Sonia Delaunay, a Londra indicazioni
appaiono sulla rivista "The Bystander", a Mosca con la pittrice A. Ekster,
con Malevitch (che produce maglioni e sciarpe) e con Rozanova.