A partire dal 1913 Marinetti teorizza il teatro futurista
attraverso la stesura di 3 manifesti: quello del Teatro di varietà(1913),
del Teatro sintetico futurista (1915) e del Teatro della sorpresa
(1921). Oltre a questi tre vengono pubblicati numerosi altri manifesti.
In ognuno di questi scritti viene sottolineata la volontà
di ripudiare le rappresentazioni naturalistiche, di evitare qualsiasi tentativo
di illusione realistica e di realismo psicologico; ciò infatti nuocerebbe
a una libera espressione della creatività e della fantasia.
Il teatro futurista si svolge in un tempo e in
uno spazio teatrali apertamente diversi da quelli reali. Si prediligono
situazioni che si risolvono in tempi brevissimi, spesso di un unico rapido
quadro. Le scenografie e la coreografia, strettamente collegate al testo,
non sono mai ambientazioni realistiche, ma spesso astratte o metaforiche,
allusive.
Lo spettatore spesso diventa protagonista attivo
di quanto avviene sulla scena: gli stessi attori, provocandolo, arrivano
a creare un dialogo serrato che può sfociare in vere e proprie contestazioni
verbali simili alla rissa. "Il teatro futurista saprà esaltare
i suoi spettatori, far loro dimenticare la monotonia della vita quotidiana
scaraventandoli attraverso un labirinto di sensazioni improntate alla più
esasperata originalità e combinate in modi imprevedibili".
Numerosi sono i futuristi che si dedicano al teatro:
F. Gangiullo, B. Corra, E. Settimelli, G. Balla, U. Boccioni, F. Pratella,
L. Russolo, F. Depero. Il teatro attira molto i futuristi perché
sollecita contemporaneamente tutti i sensi e coinvolge simultaneamente
letteratura e arti visive.
Esistono all'interno del teatro futurista numerose tendenze
particolari. Il teatro grottesco ed eccentrico, il teatro dell' assurdo,
il teatro sintetico. Ci può essere aperta polemica con la
letteratura precedente, oppure no; in genere nell'azione giocano molto
i rumori, le luci, i colori, la gestualità, i movimenti
del corpo. Le disdascalie per la messa in scena sono dettagliatissime e
lunghe, tanto quanto brevi e spesso fulminei sono i dialoghi, ridotti a
poche battute. Spesso anzi si tratta di scene completamente mute. Si rappresentano
situazioni astratte e inverosimili, i personaggi attuano comportamenti
incomprensibili, che sconcertano lo spettatore. Spesso i personaggi sono
oggetti e non persone. Ciò che sconcerta è soprattutto trovarsi
di fronte a comportamenti apparentemente assurdi, agiti però come
se avessero senso, mentre reazioni o frasi che appartengono al senso comune
risultano, nella situazione teatrale, improvvisamente stereotipe e insensate.
Anche la Russia con Majakovskij guarda alle novità
del teatro futurista, ma in un senso più espressionista, satirico,
stravolgendo caricaturalmente la realtà e facendone stridere ed
esplodere le contraddizioni.
La danza è un altro campo rinnovato dal movimento
futurista. Attraverso il movimento del corpo i ballerini creano nello spettatore
emozioni associate al dinamismo, alla velocità, al vorticismo. (I
ballerini dovrebbero sapersi muovere come automobili, aeroplani o
come pallottole).
Le scenografie, le coreografie, i costumi, gli arredi
sono basati sulla geometrizzazione delle forme e sui colori accesi. La
scena come evento plastico dunque: uno spazio attivo, implicante, provocatorio,
irradiante e dominato dal dinamismo plastico. Il manifesto Scenografia
e coreografia futurista nel 1915 specifica: "La scena non sarà
più uno sfondo colorato, ma una architettura elettromeccanica incolore,
vivificata potentemente da emanazioni cromatiche di fonte luminosa generate
da riflettori elettrici dai vetri multicolori disposti, coordinati analogamente
alla psiche che ogni azione scenica richiede. [...] Invertiamo le parti
della scena illuminata, creiamo la scena illuminante: espressione luminosa
che irradierà con tutta la sua potenza emotiva i colori richiesti
dall'azione teatrale. [...] Nell'epoca totalmente realizzabile del futurismo,
vedremo le dinamiche architetture luminose della scena emanare incandescenze
cromatiche che inerpicandosi tragicamente o voluttuosamente esibendosi,
desteranno inevitabilmente nello spettatore nuove sensazioni, nuovi valori
emotivi."
Filippo Tommaso Marinetti, detto anche "caffeina d'Europa", non è stato soltanto un letterato, scrittore e poeta: è stato anche e soprattutto un animatore culturale geniale, la prima figura di operatore culturale in senso moderno, pioniere di quella che oggi chiamiamo industria culturale.
Aveva avuto una formazione letteraria molto classica e completa, ma cosmopolita; era stato allievo delle scuole dei gesuiti ad Alessandria d'Egitto e aveva completato gli studi superiori a Parigi, allora dominata dalla cultura decadente e simbolista, per poi prendere una laurea in legge in Italia. Aveva un cospicuo patrimonio personale e lo investì, con grande abilità e successo, grazie all'eccezionale talento pubblicitario, nelle proprie imprese culturali.
La sua ambizione maggiore non era tanto di realizzarsi individualmente come grande scrittore, ma di promuovere un movimento culturale vincente. Per questo dedicò sempre la massima cura alle imprese artistiche collettive e sostenne infaticabilmente, con tutti i mezzi, le iniziative degli aderenti del suo gruppo, lasciando loro sempre abbastanza spazio per poter far valere le proprie personali qualità.
Aveva già raggiunto una certa fama a Parigi quando si buttò nell'impresa di lanciare il futurismo: non solo come poeta di versi simbolisti di buona qualità, ma come autore di una pièce satirica, in chiave grottesca in cui si possono già vedere abbozzati alcuni tratti del teatro futurista.
Nel 1910 pubblica in francese un romanzo, Mafarka le futuriste, che viene tradotto in italiano da Decio Cinti, e che suscitò molto scalpore. In "Mafarka", di futurista non c'e ancora lo stile tipico, ma c'è l' ostentata deformazione , ci sono invenzioni fantastiche e paradossali che non potevano non scandalizzare il gusto del lettore medio, abituato a immergersi nelle atmosfere sensuali dei romanzi dannunziani. Eppure c'era molto in Mafarka che ricordava un certo D'Annunzio: linguaggio immaginifico, esaltazione superomistica dell'aggressività e dell'audacia, il tutto però stravolto in chiave grottesca.
Marinetti dopo il 1909 fu impegnatissimo nella realizzazione
di eventi spettacolari e diede il meglio di sé come scrittore nella
stesura dei manifesti del Movimento.
Particolarmente importante dal punto di vista letterario
è il "Manifesto tecnico della letteratura futurista" (1912), nel
quale Marinetti mette a punto gli strumenti con cui il futurismo deve scardinare
lo stile del passato e creare la letteratura dell'avvenire. Sono procedimenti
che nel corso del secolo saranno più volte rivisitati dalle letterature
di avanguardia. Centrale è il rifiuto del punto di vista dell'io,
del soggettivismo. La psicologia va sostituita con l'invadenza ossessiva
della materia, fino ad arrivare a una "psicologia intuitiva della materia"
stessa; l'autore deve mettersi in presa diretta, per quanto possibile con
l'ambiente circostante, lasciandosi attraversare dalle percezioni, registrandole
senza filtrarle. Rumore, peso, odore, devono avere in letteratura un rilievo
non minore delle altre sensazioni. L'onomatopea, usata in modo massiccio,
diventa protagonista. La sintassi va distrutta: i verbi usati all'infinito,
aboliti aggettivi e avverbi, i sostantivi accostati sulla carta senza segni
d'interpunzione. La punteggiatura va abolita, mentre vanno introdotti altri
segni grafici, notazioni matematiche e musicali; le parole si deformano,
s'allungano e si troncano, in fuzione della resa espressiva. Abolite le
congiunzioni, le parole devono fondere gli oggetti con le immagini
da essi evocate: "piazza-imbuto", "donna-golfo". Bisogna
perseguire "un maximum di disordine" nel testo. Le immagini non
devono essere condizionate dalla struttura logica del discorso: punto d'arrivo
che :Marinetti propone ai suoi seguaci è espresso da formule divenute
famose, veri e proprii slogans, "immaginazione senza fili", "parole in
libertà". Specialmente per quanto riguarda le immagini, lo sperimentalismo
futurista aveva antecedenti nelle ricerche simboliste sulle analogie, che
Marinetti vuole dilatare senza limiti. L'intuizione deve prendere il posto
dell'intelligenza e della logica, il "brutto" deve coraggiosamente
rimpiazzare il "bello" di un tempo.
La
sua opera letteriamente più impegnativa, banco di prova delle sue
teorie, è l'antiromanzo o poema in prosa "Zang tumb
tuum" del 1914, in cui Marinetti riversa la sua esperienza di reporter
durante la guerra serbo-bulgara, all'assedio di Adrianopoli (1912). È
un' opera più vocale che verbale, fatta per essere declamata e ascoltata
più che per essere letta: anche questo cambia il rapporto tra letteratura
e pubblico.
La produzione di testi di Marinetti fu molto abbondante. La sperimentazione continuò ininterrotta, applicandosi a sempre nuovi campi, tra cui particolarmente significativo per gli sviluppi futuri è quello della radiofonia. In poesia Marinetti sviluppò sempre più la parte grafica e visiva, valendosi di tutti i possibili artifici tipografici nelle sue "Tavole parolibere", che possono essere definite composizioni sintetiche verbali-visive, da guardare e percorrere con gli occhi in tutti i sensi più che da leggere (viene spezzata la linearità del testo). Tuttavia risalta la sproporzione tra quanto i programmi teorici lasciavano balenare, e i risultati letterari concreti.
Il momento migliore del futurismo coincide, a parere di
molti, con la collaborazione, tra il '13 e il '14, del guppo di Marinetti
con la rivista fiorentina "Lacerba" di Papini e Soffici, che si occupava
sia d'arte che di letteratura ed era molto aperta ai confronti con l'estero.
Poi Papini e Soffici presero le distanze dai futuristi, anche se la collaborazione
continuò sul terreno politico dell'interventismo, fino allo scoppio
della guerra.