Passion Fixe
di Philippe Sollers
(Gallimard, 2000)

23 agosto 2000

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Io la passione di cui si discute non l'ho trovata mica tanto fissa, e,
in fondo in fondo, nemmeno tanto una passione.

Cosi' va questo libro: tante cose, tutte cosi' appassionate da essere,
sommate, assolutamente algide (si chiama, in gergo, interferenza
negativa). Il sessantotto ed un qualche pseudo terrorismo posteriore,
la liberta' sessuale e le prostitute, gli scambi di coppia, le donne
di successo o giapponesi, i giovani scrittore ventitrenni (che, ancora
meglio, non scrivono realmente, non come l'autore, vero, che invece e'
bravo, si vede). 

E' uno di cui libri in cui il fatto che l'autore scriva assai bene e'
una maledizione ulteriore (come se non bastasse il fatto di aver
cominciato un libro cosi' irrilevante e posticcio), che rende le altre
condanne, appunto, inappellabili.

Una frase per tutte: la descrizione ed il giudizio dell'America (si',
che da Parigi si va spesso a New York a passare dei periodi guardando
l'Hudson, dal diciottesimo piano, va senza dirsi) termina con "Prendre
technique, laisser humanoide". Bello, no?

Io ho odiato anche la struttura di continue referenza, proustiane e
non. E la Cina dei contatti dei nostri protagonisti, e la grande
musicista che, povera, era amica di Dora.

Questo libro e' finito, adesso.

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