When We Were Orphans,
Kazuo Ishiguro
(Faber and Faber 2000)

Comincia ed e' cosi' chiaramente Ishiguro: come nei "Remains of the
Day", e molto piu' compiutamente che in "The Uncosoled", che mi aveva
confuso. Uno splendido Ishiguro: ed il ritmo delle parole, che sono
storie, cose, fatti, e' dolce e potente. Ci si culla in quel ritmo, ci
si fa portare e si va lontani.

L'intreccio delle storie e di pezzi di vita, di vite, e'
formidabile. E' enorme l'umanita' che si incontra, sono moltissime le
sensazioni che ti penetrano.

Cristopher, piccolo poi grande bambino. Bambino, veramente.

Sarah, in fondo bambina anche lei. Come tutti? (Come Jennifer?).

Akira, di cui non mi resta molto se non la asserita e ritirata
giapponesita'.

Il padre, di cui si intravede il mistero solo lentamente, origine vera
di molte cose.

La madre, cosi' bella, forte, e cosi' prevedibile nell'essere ragione
dell'inevitabile disastro.

Lo zio, debole, debolissimo, come tutti gli eroi e tutti i traditori.

La fine e' anche troppo drammatica per me, e dovro' rileggerla. Lo
rileggero' tutto, questo grande romanzo.