Le idee

Una rivoluzione estetica di massa:
Il futurismo è il primo movimento del secolo ad aspirare a un seguito di massa. Non si tratta più di eguagliare vita e arte all'interno di un' élite ristretta di artisti e intellettuali, ma di trasformare il senso estetico di un'intera società anacronistica in tutti i campi.

Si tratta in particolare di inventare una nuova dimensione dei linguaggi artistici, capace di esprimere a tutti i livelli le esperienze di velocità, di mobilità e i progressi tecnici senza precedenti che già avevano trasformato o stavano trasformando la vita dell'uomo.
 

Tecnica pubblicitaria:
Per raggiungere il proprio scopo il futurismo si dà consapevolmente i mezzi adeguati per raggiungere ogni area culturale, sociale e politica.
E` il primo movimento artistico che fa un uso deliberato e massiccio di tutte le tecniche di propaganda pubblicitaria che già si erano affermate nel commercio.
Invece di snobbare il grosso pubblico, gli artisti lo vanno a cercare, lo attirano, lo scandalizzano, provocano le sue reazioni emotive.
La campagna culturale si fa come una campagna di propaganda: uso sistematico dei giornali, fondazione di case editrici e riviste, distribuzioni omaggio, annunci pubblicitari, volantini, organizzazione di eventi spettacolari e scandalistici: insomma un uso spregiudicato di tutte le tecniche di comunicazione di massa disponibili all'epoca.

Strumento tipico di questo atteggiamento propagandistico è la formula del "manifesto", che i futuristi utilizzano in maniera massiccia, facendone addirittura un nuovo genere letterario, di propaganda culturale, nel quale eccellono: molti ritengono che proprio nei manifesti Marinetti abbia dato il meglio di sé come scrittore.
Boccioni, Rissa in galleria, 1910L'invenzione che rappresenta il  frutto più geniale di questo atteggiamento è la serata futurista. Si tratta di una formula di spettacolo che Marinetti mutuò dal teatro leggero, di varietà.
Si prenota un teatro, di quelli solitamente frequentati dalla borghesia, e si annuncia con molto anticipo uno spettacolo provocatorio, comprendente la lettura di manifesti, "discorsi incendiari", presentazione di dipinti, sketches, atti unici, audizione di musiche futuriste, e gli inevitabili battibecchi col pubblico che spesso sfociano in risse.
Di conseguenza il giorno dopo tutti i giornali della città parlavano dell'evento e se ne continuava a discutere animatamente per giorni, magari per esternare la propria indignazione per l'improntitudine di quegli "artisti da strapazzo".
Inoltre i tafferugli che spesso seguivano queste serate fecero sì che in diverse occasioni la polizia vietò le manifestazioni futuriste per motivi di ordine pubblico. Ne seguirono mobilitazioni  di personalità volte a far rimuovere il divieto, con conseguente enorme aumento dell'attesa dell' evento.
I futuristi furono maestri anche nello sfruttare l'eco suscitato da strascichi giudiziari delle loro performancese dei loro testi; ad esempio il romanzo di Marinetti"Mafarka il futurista" fu processato nel 1910 per oltraggio al pudore, e anche se fu assolto in ultima istanza, fece molto parlare del grottesco protagonista.

Il risultato di tutto ciò fu che nel giro di pochi anni non c'era più nessuno in Italia e in Europa che non avesse mai sentito parlare di Futurismo.
 
 

Una rivoluzione del costume? Il futurismo e le donne
Il futurismo ha l'ambizione di rivoluzionare  tutto l'atteggiamento nei confronti della vita.
Si dichiara guerra al passato, alla tradizione, e quindi anche alla morale ufficiale.
Si vuole osare l'impossibile, senza fermarsi di fronte a nessun ostacolo. Si apprezza tutto ciò che distrugge.
Tuttavia in questo furore iconoclasta, i futuristi ostentano un atteggiamento maschilista senza avvedersi di quanto  esso sia tradizionale nella sostanza.  È un maschilismo che deriva direttamente dalla cultura patriarcale, interpretata però in una chiave anti-romantica e aggressiva, che elimina ogni cavalleria verso il gentil sesso.
In questo senso più che altro i futuristi inauguravano, all'interno dell'antichissimo maschilismo, un nuovo stile maschile, caratterizzato da modi più bruschi e disinvolti,  di cui successivamente si appropriò il fascismo per costruire la propria immagine dell'uomo dinamico contrapposta al "gentiluomo" borghese: "Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno"  ("Manifesto del Futurismo",1909).
"Noi vogliamo - proseguiva il primo "Manifesto" - glorificare la guerra, il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna."
La donna  qui rappresenta  evidentemente la pusillanimità, l'incapacità di rischiare e di morire per un'idea (la difesa della vita a tutti i costi). L'opportunismo e l'utilitarismo sono sentiti  come qualità intrinsecamente femminili; "Noi vogliamo ... combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica e utilitaria." (ibidem).

Alcune donne reagirono vivacemente e Valentine de Saint-Point pubblicò nel 1912 il "Manifesto della Donna futurista" che preconizzava la completa emancipazione della donna,  cui seguì nel 1913 il "Manifesto futurista della Lussuria", che
rivendicava il valore positivo del piacere e  della sensualità, per le donne come per gli uomini, come fonte di liberazione
spirituale e comunione con l'universo, contestava le ipocrisie della morale tradizionale, che separa lo spirito dal corpo  ed è
incapace di distinguere il piacere dal vizio e di vedere la profondità e la bellezza del sesso, sostenendo infine la necessità di fare dell'eros un' opera d'arte, frutto d'istinto e insieme di consapevolezza. Paradossalmente il virile Marinetti diffidava della
Lussuria, temendone l'invischiamento (cfr. "Uccidiamo il chiaro di luna!" e "Guerra sola igiene del mondo").Tuttavia i
Manifesti di Valentine de Saint-Pont furono pubblicati dai futuristi, sia per il prestigio  che apportava al gruppo l'autrice
francese - era una nipote di Victor Hugo, coreografa e danzatrice -  sia perché, venendo da una donna, l'elogio della lussuria
risultava maledettamente coraggioso e anticonformista, e questo era l'importante. D'altra parte  la stessa Valentina, come
dimostrano i suoi scritti, non era priva di pregiudizi antifemminili e come donna era ancora più ostile che lo stesso Marinetti
verso ogni forma di romanticismo e sentimentalismo, tanto da vedere nella guerra il massimo trionfo della sensualità,
un'esplosione liberatrice di energia.
Il fatto che Marinetti disprezzasse le donne come incarnazioni del 'sesso debole', della piccineria che tarpa le ali, schiave e
schiavizzanti per amore, depositarie del pacifismo e del moralismo, ma apprezzasse le donne audaci che sfidavano gli uomini
sul loro stesso terreno, è dimostrato anche dal fatto che la rivista "Italia futurista" ospitò gli scritti di diverse donne, poetesse e
scrittrici. Pittrice e scrittrice era anche Benedetta Cappa, moglie di Marinetti, che con gli anni acquistò un certo ruolo nel
gruppo.
Il punto di vista di Marinetti sulla donna, dove lo esprime in modo più ragionativo e meno provocatorio, in vari scritti politici
del periodo 1919-1921, non è diverso da quello di moltissimi uomini 'progressisti' dei suoi tempi:, se le donne fossero state
sottoposte per generazioni alla stessa educazione fisica e spirituale dei maschi, forse si potrebbe parlare di eguaglianza dei sessi, ma attualmente le donne si trovano in una situazione di schiavitù intellettuale ed erotica.

Per questo Marinetti dichiarava di voler abolire non solo la proprietà della terra, ma la proprietà delle donne, cioè il
matrimonio; e  già nel 1913 rivendicava il fatto che la  vita moderna avesse portato a una semi-eguaglianza tra uomini e
donne e una riduzione delle loro disuguaglianze nel campo dei diritti sociali.  Marinetti  tuttavia appoggiava le rivendicazioni
delle suffragette in base al principio del tanto peggio tanto meglio, ossia proprio in quanto convinto dell'attuale irrimediabile
mediocrità femminile: il diritto di voto era un diritto misero e sorpassato quanto il parlamentarismo, rivendicarlo era puerile,
ma comunque se le donne si fossero interessate di politica, tanto meglio: ciò non poteva che  minare la loro pericolosa
posizione di portatrici del mito e della seduzione femminile, trappola sempre capace di imbrigliare gli uomini . Le donne
avrebbero inevitabilmente portato alla "totale animalizzazione della politica", perché nella donna era ineliminabile l'intima
e inconscia convinzione di essere, come madre, moglie e amante, un cerchio ristretto, "puramente animale"; e questo
avrebbe portato più rapidamente a una sana reazione di rigetto di tutto ciò che esse rappresentavano.

Questo doppio binario, di favore per l'emancipazione e di disprezzo, si collega con l'ambiguità fondamentale del futurismo sul
piano sociale e politico che avremo modo di esaminare più da vicino  qui di seguito. (Sulla questione femminile e sul modello
di uomo sognato dal futurismo, vedi anche la voce "Macchina" nella sezione "Parole chiave".).

Forse più originale fu l'intervento del futurismo nell'ambito del costume inteso più modestamente come vita quotidiana (vedi sezione Costume).
 
 

Futurismo e politica: fascismo o bolscevismo?
Come è noto Marinetti  fu sempre un bellicista convinto. Salutò con entusiasmo la guerra di Libia: scrisse allora che il governo italiano era diventato futurista!  Dopo essere stato accanitamente interventista come tutto il gruppo dei futuristi italiani, e come la rivista Lacerba (risale ai comizi e ai tafferugli interventisti il suo incontro con Mussolini),  combatté da volontario nella prima guerra mondiale con Balla, Boccioni, Sant'Elia, Carrà. Dopo la guerra mise mano con decisione a un partito politico futurista - il cui programma era già stato lanciato su Lacerba nel '13, - ma poi confluì nel partito fascista, che propugnava un programma socialnazionalista e aggressivo in cui Marinetti allora si riconosceva pienamente. Fu candidato alle elezioni e non eletto, e uscì dal partito già nel 1920. Dopo la marcia su Roma,  Marinetti fu  ancora più deluso dal regime per i compromessi realizzati con la monarchia, col padronato, con la Chiesa e  si ritrovò sostanzialmente emarginato e apprezzato solo a parole. Anche in campo artistico il futurismo, così irrequieto e violento, era tornato comodo negli anni dello squadrismo, ma una volta al potere Mussolini aveva bisogno di orientamenti moderni sí ma più moderati, che s'intonassero al clima imperiale e romano e alla piena riconciliazione con la tradizione. I futuristi ebbero uno spazio e anche una rinnovata stagione di attività, ma non determinarono l'indirizzo estetico del regime. Marinetti fu giubilato definitivamente  con la  nomina all'Accademia d'Italia, che l'ex incendiario fu lieto d'accettare, per rimanere  sempre fedele a quel  fascismo che lo aveva deluso, anche negli anni della repubblica di Salò, in cui forse ebbe l'illusione che il movimento avesse ritrovato la sua radicalità.
 

In Russia invece, gran parte delle avanguardie si batterono per un futuro radicalmente diverso da quello immaginato da Marinetti e dai suoi. I futuristi in particolare, con Majakovskij in prima linea, aderendo al comunismo, diedero vita a quello che fu chiamato com-futurismo, comunismo futurista, perché partecipavano con i loro talenti e strumenti artistici alla rivoluzione che intendeva rinnovare dalle fondamenta la Russia e il mondo, e contribuire con inventiva e combattività futurista  alla costruzione della società dell'avvenire.
Infatti i futuristi russi finirono in maggioranza per schierarsi sulle posizioni dei  bolscevichi e dell'internazionalismo proletario. Con Lenin voltarono le spalle alla guerra imperialista per impegnarsi  nella rivoluzione d'Ottobre.
(Del resto fin dal '14, quando Marinetti visitò la Russia, molti futuristi l'avevano fischiato come guerrafondaio e Majakovskij aveva insistito che un movimento futurista non poteva essere che cosmopolita).
Majakovski come disegnatore, comunicatore sociale e creatore di slogans fu un infaticabile animatore della propaganda durante la guerra civile, divenne il poeta degli anni eroici del comunismo, poi un'implacabile, violento autore satirico che travolgeva con torrenti di immagini la nascente burocrazia sovietica, prima di suicidarsi nel 1930, agli inizi del regime stalinista.

Come furono possibili esiti tanto diversi?

Si tende a motivare col tema dell'esaltazione dell'aggressività e della guerra la connessione fra futurismo e fascismo.  È una questione  più complessa, per cui occorre tener presenti  innnanzitutto alcuni punti fondamentali.

cartolina bellicista, 1915

Bisogna tenere presente il movimento futurista  fin dalla fondazione presentava delle ambiguità che non furono subito evidenti, ma lo diventarono man mano che nel corso degli eventi  storici si esplicitavano i contrasti di fondo tra le forze in gioco nel nostro secolo.

Ai  primi del Novecento poteva ancora sembrare che il Vecchio a cui voltare le spalle costituisse un solo blocco e il Nuovo avanzante fosse qualcosa di univoco, facile da riconoscersi. Col tempo divenne evidente che il nuovo aveva molte facce, che molti futuri, e non un solo futuro,  erano possibili. Per quale futuro si voleva combattere? Lo stesso dicasi per la lotta. All'inizio l'opposizione fondamentale sembrava  essere tra chi era disposto a battersi, a rischiare, a mettere in gioco la propria vita, anche a far uso della violenza, e chi invece rimaneva prudentemente alla finestra, paralizzato dall'inerzia e dalla paura; ma presto divenne evidente che non bastava,  bisognava scegliere a fianco di chi schierarsi: stare dalla parte della guerra nazionalista o da quella della rivoluzione internazionalista?

Il futurismo non si basava su un'elaborazione teorica molto robusta, ma con tipica impazienza si affidava ad alcuni asserti di massima che sembravano chiarissimi solo perché erano drastici, ma che avrebbero mostrato molte contraddizioni non appena si fosse andato a scavare più a fondo e a confrontarli tra loro.

Sono note le simpatie socialiste e anarcoidi con cui è nato il futurismo, pronto ad apprezzare chiunque lottasse per sovvertire l'ordine costituito. Se si scorre il programma politico futurista, si trovano dei punti programmatici effettivamente molto radicali e antiautoritari, non solo sul piano delle istituzioni (forma repubblicana - riforma del parlamento e dell'esecutivo in senso tecnocratico e giovinilista) ma soprattutto  sul terreno  dei diritti civili  e delle misure sociali: suffragio universale diretto per uomini e donne; "abolizione dell'autorizzazione maritale. Divorzio facile. Svalutazione graduale del matrimonio per l'avvento graduale del libero amore e del figlio di Stato"; espropriazione generale delle opere pie e delle terre mal coltivate per la costituzione di un vasto demanio pubblico in vista della socializzazione delle terre; energica tassazione dei beni ereditari; imposte dirette e progressive; libertà di sciopero, di riunione, di organizzazione, di stampa; abolizione della polizia politica e dell'intervento dell'esercito come forza dell'ordine; giustizia gratuita; minimi salariali elevati; massimo legale di otto ore di lavoro; parificazione dei salari femminili e maschili a parità di lavoro; assistenza e previdenza sociale; pensioni operaie. A questo si aggiunga un anticlericalismo intransigente, che chiedeva addirittura l'espulsione del papato.  Tutto questo però nel quadro di  un "nazionalismo rivoluzionario", e di un'esaltazione del "genio creatore italiano", presentando il proprio programma come interpretazione della "coscienza di tutta la razza nel suo igienico slancio rivoluzionario". Il radicalismo di Marinetti  inoltre, non poggiando su un'analusi marxista della società, in pratica sposava in gran parte gl'interessi della borghesia industriale del Nord che reclamava la modernizzazione e l'industrializzazione del paese  e per questo era stata  era stata  interventista, contrapponendosi alla borghesia parassitaria e agraria del Sud.

Marinetti comunque considerava il suo programma politico  più accessibile del programma culturale, che riteneva troppo
avanzato per strappare sufficienti consensi. Il movimento politico futurista doveva rimanere indipendente da quello artistico, e svolgersi su un piano di maggior concretezza pratica, rivolgendosi a tutti gli italiani, uomini e donne. Per questo probabilmente Marinetti ben presto si convinse di poter trovare nel nascente partito fascista il braccio politico del futurismo.
ma uscì sdegnato da quel partito (insieme ad anarcosindacalisti, repubblicani ecc.) quando nel 1920 Mussolini aprì al
compromesso col Vaticano, mentre dal canto suo Marinetti andava proponendo estremismi sempre più stravaganti, come il potere agli artisti e l'abolizione delle carceri ("libertà elastica"), per cui Mussolini lo considerava ormai un personaggio ingombrante, un saltimbanco che non capiva niente di politica.
 

Tuttavia sul piano dell'immagine e della retorica Mussolini fece tesoro del futurismo, e continuò a farne uso parlando fino
all'ultimo di "Rivoluzione" fascista,  reclamando i diritti dell' "Italia proletaria",  e  ostentando il giovanilismo e quello stile
dinamico, sprezzante, fiero e spregiudicato, quell'amore del rischio e della sfida che i futuristi avevano proposto quando il
fasscismo non esisteva.
 

Quanto al bolscevismo e alla Rivoluzione d'Ottobre, Marinetti regolò la questione, per quanto lo concerneva, in uno scritto
intitolato "Al di là del Comunismo" (1920), dove ribadiva che tutti i futurismi erano nati dal futurismo italiano, ma nondimeno erano autonomi, perché "ogni nazione ha la sua forma di passatismo da rovesciare: noi non siamo bolscevichi perché abbiamo la nostra rivoluzione da fare" ; si rallegrava quindi di apprendere che tutti i futuristi russi erano bolscevichi  e che per un periodo il futurismo era  diventato l'arte ufficiale sovietica."Il primo maggio dello scorso anno la città russe furono decorate con dipinti futuristi. I treni di Lenin erano colorati all'esterno con forme dinamiche colorate molto simili a quelle di Boccioni, Balla e Russolo. Ciò fa onore a Lenin e ci rallegra come una vittoria nostra". Questo anche se, a suo parere, la lotta di classe marxista era  ormai superata.

Antonio Gramsci, in un articolo su "Ordine Nuovo" del 5 gennaio 1921, intitolato "Marinetti il Rivoluzionario?" riferiva  che il compagno Lunaciarskij, ministro della cultura sovietico, aveva dichiarato ufficialmente, in un discorso ufficiale alla delegazione italiana (pronunciato in perfetto italiano, il che escludeva ogni incomprensione linguistica), che in Italia l'unico intellettuale rivoluzionario era Filippo Tommaso Marinetti. Gramsci ironizzava sullo scandalo che una tale dichiarazione avrebbe fatto scandalo tra i "filistei del movimento operaio", e che alla loro lista abituale d'insulti nei confronti dei compagni deviazionisti (bergsoniano, pragmatista, volontarista, spiritualista), si sarebbero ormai aggiunti anche quelli, più sanguinosi ancora, di futurista e marinettista. Lo stesso Gramsci del resto ricordò, anche in una lettera a Trotzky,  che a Torino e a Milano il futurismo era stato popolare tra i lavoratori, (la rivista "Lacerba", a prezzi ridotti, vendette 4/5 delle sue copie tra gli operai).
Nell'articolo su "Ordine Nuovo", Gramsci sostiene che il futurismo è stato  veramente rivoluzionario nella sua distruzione dei capisaldi della cultura borghese. Rivoluzionario Marinetti è stato non sul terreno economico, ma su quello culturale,  distruggendo gerarchie di valori spirituali, pregiudizi, idoli, tradizioni irrigidite, e per ciò stesso spianando la strada alla rivoluzione operaia che avrebbe attaccato la struttura materiale.  Distruggere "significa non aver paura di ciò che è nuovo e audace, non essere terrorizzato dai mostri, non credere che caschi il mondo se un operaio fa un errore di grammatica, se una poesia zoppica, se un quadro sembra una bandiera, se i giovani arricciano il naso di fronte alla senilità accademica". E, nel distruggere,  i futuristi "hanno avuto fiducia in se stessi, nella foga delle energie giovani, hanno avuto la concezione netta e chiara che l'epoca nostra,l'epoca della grande industria, della grandecittà operaia,  della vita intensa e tumultuosa, doveva avere nuove forme, di arte, di filosofia,  di costumi,di linguaggio; hanno avuto questa concezione nettamente rivoluzionaria, assolutamentemarxista", quando invece i socialisti non erano nemmeno remotamente toccati da tutto ciò  e non osavano veramente attaccare la macchina del potere borghese, nello Stato e nelle fabbriche, timorosi in fondo di distruggere troppo. Dunque non solo i futuristi in arte sono rivoluzionari, ma, sostiene Gramsci, "in questo campo, come opera creativa, è probabile che la classe operaia non riuscirà per molto tempo a fare di più di quanto hanno fatto i futuristi".E gli operai che difendevano i futuristi "sostenevano la storicità, la possibilità di una cultura proletaria, creata dagli operai stessi".
 
 





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